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E' tornato alla Casa del Padre Don Giancarlo Atzei

Don Giancarlo

Don Giancarlo venne Ordinato Sacerdote a Cagliari il 18 marzo 1965. Conseguì la Licenza in Filosofia e il Dottorato in Teologia Dogmatica. Ebbe vari incarichi:

Dal 1967 al 1969 insegnò Filosofia nel Seminario Diocesano e dal 1968 al 2006 alla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, prima a Cuglieri e poi a Cagliari.

Dal 1971 al 1974 fu Assistente della FUCI; dal 2004 al 2007 Vice Cancelliere in Curia; dal 2005 al 2008 Segretario della Visita Pastorale; dal 2005 Responsabile del Servizio informatico diocesano; dal 2007 Cancelliere e Segretario Generale della Curia Diocesana e Canonico della Cattedrale; dal 2008 Direttore del Notiziario Diocesano.

Don Giancarlo, tra l'altro, fu uno dei promotori del Rinnovamento Carismatico Cattolico in Sardegna e, per diversi anni, tenne vari corsi formativi sul Rinnovamento e sull'Effusione dello Spirito Santo. Un grande affetto e un profondo legame spirituale lo unì alla nostra Comunità, sin dal suo sorgere. Ringraziamo il Signore per aver avuto l'opportunità di conoscerlo e di aver trascorso con lui un tratto della nostra vita.

Numerosi sono stati gli spunti che ha saputo donare a tanti per approfondire la conoscenza di Dio. Qui di seguito riportiamo uno degli argomenti da lui trattati, dal titolo "Amare Dio con tutto il cuore":

Il fare dell'uomo consiste tutto nell'amare Dio. Può l'amare Dio dirsi morale cristiana? La legge morale per il cristiano è data da Cristo, come un comando e un precetto. San Tommaso d'Aquino lo afferma, quasi come un pilastro ben solido e netto, in tante sue pagine. Qui seguiamo l'esposizione che ne fa in un suo opuscolo, frutto di un quaresimale da lui tenuto a Napoli, quindi uno scritto per il popolo. Egli cita la Scrittura, Matteo 22,37: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima ecc." E si prende cura non tanto dell'esegesi del passo ma dell'indicazione discorsiva – per il popolo appunto – di ciò che occorre fare concretamente perché "questo precetto dell'amore possa essere perfettamente adempiuto". La domanda a cui Tommaso risponde è questa: che cosa devo fare per amare Dio con tutto il cuore, in tutta l'anima, in tutta la mente? Cioè Tommaso indica il compimento perfetto del comando come risposta alla legge di Cristo. Egli non si accontenta né può accontentarsi di indicare un qualsiasi compimento, perché il comando stesso non è comando di un qualsiasi amore di Dio, ma di quell'amore che è "ex toto corde, ex tota anima, ex tota mente". Il compiere il comando non può essere quindi che un fare altrettanto totale, la cui totalità non è misurata nelle cose da farsi ma nel soggetto che le compie. Per amare Dio con tutto il cuore, occorre andare al cuore e col cuore amare Dio. In definitiva è il cuore dell'uomo che conta, perché con il cuore si ama e si ama Dio. Nelle quattro cose richieste per questo scopo troviamo sempre e soltanto un'indicazione del come il cuore debba amare Dio. Sono quattro modalità dello stesso cuore che ama, quattro facce dell'unica realtà del cuore amante di Dio, cioè di tutto, veramente tutto, l'uomo.

a) Il cuore ricorda i benefici ricevuti. Un cuore memore è un cuore grato e contento. Ricordando tutti i benefici ricevuti occorre che per tutti gli prestiamo ossequio e lo amiamo con cuore perfetto. Tommaso menziona il riconoscimento dato dalla stessa Scrittura a Davide: "di tutto cuore ha lodato il Signore".

b) Il cuore è umile e lo diventa sempre più quando considera l'eccellenza di Dio, più grande del cuore umano stesso! Anche amandolo di tutto cuore e con tutte le forze, ancora non basterà. "Il Signore è più grande di ogni lode" (Eccl 43, 32-33).

c) È nel cuore che è posta la rinuncia al mondo. In esso non vi è spazio che per un amore: Dio oppure il mondo. "Il cuore umano è luogo stretto per Dio, quindi quando accogli qualcos'altro che non sia lui nel tuo cuore lo cacci". Deve dunque essere indivisa la sua spinta d'amore.

d) di conseguenza occorre evitare il peccato in ogni modo. Occorre quindi convertirsi a Dio con tutto il cuore. Non è possibile essere virtuosi sotto un aspetto e peccatori sotto un altro. Non si può chiedere perdono a Dio solo per alcuni peccati. Tutto l'uomo, nella sua interezza e senza scissioni interne, va restituito a Dio.

Tommaso, dopo aver affermato che l'uomo deve dare tutto se stesso a Dio, intende ancora indicare che cosa di se stesso quello stesso uomo debba dargli. Era totale, e l'ha ben specificato, il dono di se stesso a Dio, ora sarà ugualmente totale il dono di quanto è dell'uomo. Il dettato evangelico è ancora la guida per la sua esposizione. L'uomo deve dare a Dio, di se', quattro elementi: il cuore, l'anima, la mente e la fortezza. Sono gli elementi indicati dal dettato scritturistico del primo precetto. L'espressione dare di se' a Dio va presa in considerazione specifica. Come Dio ha dato lo Spirito Santo e con il Dono personale ha dato la grazia santificante, così l'uomo dà di se' qualcosa, anzi tutto. Tommaso si è fermato a lungo nella descrizione del dono di Dio, puntualizzando gli effetti di quel dono nell'uomo. Ora intende con altrettanta accuratezza indicare il dono di restituzione e riconoscenza che l'uomo fa a Dio. Il testo dell'opuscolo recita: "l'uomo deve dare a Dio quattro cose: il cuore, l'anima, la mente e la fortezza". Darle a Dio significa amarlo. E spiega.

a) Dare a Dio il cuore vuol dire che l'intenzione di ogni nostra opera è da porsi in Dio. "L'intenzione ha tanto potere che trae a se' ogni azione: cosicché ogni opera buona fatta con cattiva intenzione si cambia in cattiva". Con la citazione poi di 1 Cor 10,31, dice anche di più: tutto deve essere fatto a gloria di Dio.

b) La buona intenzione (che appunto è tale se ha Dio come fine) non basta. Occorre in ogni caso che all'intenzione buona segua un atto buono di volontà, qui indicata come anima. E la nostra volontà deve uniformarsi alla volontà divina secondo la preghiera del Padre Nostro.

c) La buona intenzione e la buona volontà non bastano ancora: occorre che l'intelletto sia unito a Dio e pensi totalmente secondo Dio, sia non pensando il male o il peccato, sia non avendo pensieri contrari alla dottrina della fede.

d) Non basta ancora. Occorre dare a Dio ogni propria capacità e potenza, perché tutto ciò che è dell'uomo sia rivolto concretamente a lui. L'uomo si dà da fare, a volte senza troppo pensarci, giusto per dimostrare a se stesso e agli altri ciò di cui è capace. Ebbene, per questo motivo occorre che specificamente anche questo aspetto della persona umana, cioè le sue forze intese nel più ampio significato, sia dato a Dio e le sue forze appunto riversate in lui.

Il susseguirsi di "non basta" (non sufficit) vuole portare l'uditore a non accontentarsi di un solo passo, di un solo dono offerto a Dio. Pare che Tommaso veda qui nel comando divino soprattutto l'intento totalizzante: Dio chiede il dono di tutto il cuore, di tutta l'anima ecc., perché tutto l'uomo, fatto di cuore, anima, mente e capacità, si doni totalmente.

Don Giancarlo Atzei

L'Incontro di Preghiera Settimanale