top index section home page invia una e-mail

Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi

Convegno di Lode ed Evangelizzazione del 28 Gennaio 2007

Il 28 Gennaio 2007, la nostra Comunità Primavera R.C.C. ha meditato sul tema Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi, tratto dalla Lettera ai Galati 5,1, sotto la guida di Padre Carlo Colonna, Teologo Gesuita, Padre Giovanni Usai, Cappuccino, e Giuliano Monaco, Responsabile della Comunità Primavera, che si sono alternati per svolgere le loro relazioni. Gli appartenenti alla Comunità sono giunti da diverse parti della Sardegna ed hanno occupato tutti i posti a sedere disponibili. Stupenda é stata la lode che si è elevata all'unisono per esprimere la gioia dei figli davanti al proprio Padre.

E' stato invitato a prendere la parola Padre Carlo Colonna il quale, commentando il tema del Convegno, ha posto l'accento sul verbo usato da S. Paolo «ci ha liberati», per indicare la nostra liberazione ad opera di Cristo.

Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi: è un fatto già avvenuto! Egli ha operato in noi una liberazione definitiva. Quando Gesù è morto in croce per l'umanità, ha compiuto una liberazione dal peccato e dalla morte eterna. Diventati cristiani, abbiamo accettato in noi questa redenzione, abbiamo aderito nel nostro cuore alla libertà di Cristo, ma ora è necessario restare liberi!

San Paolo ammonisce: «restate saldi nella libertà e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù». Questo significa che è possibile ricadere nella schiavitù! E ancora: «Se vi fate imporre il giogo della schiavitù, Cristo non vi gioverà a nulla». Occorre, quindi, una adesione totale e incondizionata alla volontà di Dio se vogliamo davvero seguirLo e godere della Sua libertà. Anche la società, però, propone un suo credo, una sua libertà che continuamente cerca di insinuarsi nella vita del credente, sino a convincerlo di una certezza illusoria: La vita è mia, sono libero e faccio tutto ciò che voglio! In realtà si ha una falsa immagine di libertà, infatti il peccato conduce alla morte.... Il peccato è un ostacolo alla santità dell'uomo, è uno stato di schiavitù spirituale, ma Cristo ci ha liberati dal potere del maligno e siamo chiamati a predicare al mondo per convincerlo quanto alla consapevolezza ed alla pericolosità del peccato per la nostra anima. Oggi il mondo è secolarizzato e la parola peccato, nel linguaggio comune, non esiste più, è stata sostituita da altri termini quali crimine, reato, ecc.: questo per eliminare il collegamento con Dio. Togliere la parola peccato significa, infatti, togliere la parola Dio. A causa di tale falsa libertà e del peccato entrato nel mondo, oggi non si è neppure più in grado di discernere il vero bene dal male; sentiamo tanto parlare di eutanasia, aborto, unione di coppie dello stesso sesso, si stravolge la natura, la vita dell'uomo è manipolata e, in nome di questa libertà, si chiama bene ciò che è male...

Ci sono due momenti che riguardano la libertà del cristiano: quella in cui Cristo ci ha liberato e quella in cui devi operare per restare libero, sottomettendoti alle indicazioni e alla volontà del Padre che sceglie il meglio per te.

Padre Carlo Colonna S.J.

Questo aspetto del Vangelo che ci presenta Gesù è di grande attualità. C'è una lotta in corso tra coloro che desiderano seguire Cristo e coloro che amano inoltrarsi nella mentalità del mondo. Da una parte proclamano la libertà di Cristo, dall'altra c'è il mondo che vive senza regole.

San Paolo ammonisce: «Non conformatevi alle leggi del mondo, altrimenti Cristo ha versato il Suo sangue invano» e, ancora «quando verrà lo Spirito convincerà il mondo di peccato», cioè farà comprendere la pericolosità del peccato.

Dio è Luce e, quando ci distacchiamo dalla Luce, tutto diventa buio, diventiamo sporchi, egoisti e ci incamminiamo su sentieri tortuosi nei quali troviamo cose e situazioni che ci fanno del male, ed il peccato, che è autonomia da Dio.

Non si può scendere a compromessi col peccato: o segui Cristo o lo spirito del mondo!

Dobbiamo avere un profondo timore di Dio e fare spazio agli stessi pensieri che furono in Cristo Gesù. Cristiani, siete chiamati ad essere luce del mondo e a condannare le opere delle tenebre apertamente, non abbiate nulla a che fare con i figli delle tenebre perché ciò che essi fanno non è nemmeno nominabile.

Prendiamo posizione nella nostra vita di credenti se, davvero, abbiamo creduto in Cristo, Lui ci ha ridato la dignità di figli di Dio, siamo eredi del Paradiso, non siamo ancora giunti alla terra promessa... ma, in un istante, i morti risorgeranno e noi saremo trasformati.

Scegliamo la vita come ci suggerisce la Scrittura: «Ecco, io pongo oggi davanti a te la vita e la morte, il bene ed il male, scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla Sua voce e tenendoti unito a Lui, perché è Lui la tua vita e la tua longevità, per poter abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ad Abramo ed alla sua discendenza...»

Nell'Antico Testamento Dio ci dà una legge ma, con la venuta di Gesù, riceviamo la capacità, attraverso lo Spirito, di metterla in pratica... Anche se nati di nuovo, l'uomo vecchio riemerge cercando di trascinarci verso il male.

San Paolo ci indica «se siete nati dallo Spirito, non seguite più i desideri della carne». Ciò significa che possiamo sottomettere alla signoria dello Spirito Santo le tendenze carnali, non le dobbiamo assecondare! Bisogna morire a se stessi! In questo modo cresceranno in noi le virtù teologali: fede, speranza, carità e, inoltre, la prudenza, la giustizia, la temperanza... Più lasciamo crescere queste virtù in noi, più la libertà prende corpo. Il Signore ci avvisa: se non Lo ascoltiamo, se non Gli obbediamo, per il nostro bene, periremo.

Il tempio di Dio, che siamo noi, va edificato, ci sono molti ostacoli che tentano di impedire quest'opera; il tempio deve risplendere di luce, il male verrà distrutto e, quando la potenza di Dio è in noi, abbiamo la Sua forza.

Dopo alcuni canti di ringraziamento, è stato invitato a prendere la parola Giuliano Monaco, il quale ha commentato il tema siete stati chiamati a libertà, tratto da Galati 5,13.

Ha esordito affermando che il Signore ci ha chiamati a libertà in quanto prima non eravamo liberi!

Infatti, ha proseguito Giuliano, i nostri progenitori Adamo ed Eva avevano un concetto del tutto personale e piuttosto distorto del dono della libertà, che li ha portati a farne un cattivo uso, originando così il primo peccato (detto appunto originale), che ha segnato l'inizio della sottomissione dell'umanità intera alla schiavitù del peccato.

E' da questa schiavitù che Cristo è venuto a liberarci, sacrificando la propria vita per ridonarci la libertà, e per consentirci la possibilità di accedere alla vita eterna.

Diritto per il quale Egli si è impegnato personalmente, assumendo su di Se l'onere di garantire al Padre per ciascuno di noi, impegno che è stato firmato con il Suo preziosissimo Sangue.

E' come se Gesù avesse voluto compilare e firmare un assegno, che può idealmente rappresentare la nostra vita, lasciando però in bianco l'importo, e riservando a ciascuno di noi il compito di guadagnarlo e scriverne l'importo con la nostra vita vissuta nella libera adesione alla volontà di Dio.

Valore che sarà pari a zero, se avremo sprecato la nostra esistenza, vanificando il valore di quella firma (sacrificio) apposta con il Sangue di Cristo che, così, non ci consentirà di riscuotere nulla, in termini di salvezza, dalla Banca del Signore.

Se invece, saremo stati capaci di spendere la nostra vita, sacrificandola per il Signore, allora avremo guadagnato un credito (un tesoro nei cieli) che ci consentirà di riscuotere l'accesso al Regno di Dio.

Saremo veramente liberi nella misura in cui saremo capaci di fare un buon uso della nostra libertà.

E' per questo motivo, ha proseguito Giuliano, che S. Paolo ammoniva gli abitanti di Corinto, i quali reclamavano e si abbandonavano ad ogni tipo di libertà; questo purtroppo accade anche ai giorni nostri.

Tutto mi è lecito! dicevano i Corinzi (1Corinti 6,12); tutto mi è lecito è il messaggio che risuona nella società di oggi!

Tutto mi è lecito! è il messaggio che cogliamo quando il cattivo uso della nostra libertà coinvolge il creato, ponendo a repentaglio l'esistenza stessa dell'essere umano e del pianeta, che sta perdendo gli equilibri che il Creatore ha stabilito per lui.

Il rispetto del creato, ha ammonito Giuliano, ci vede tutti coinvolti e tutti responsabili, e costituirà motivo per il quale saremo chiamati a rispondere.

La nostra libertà è un dono di Dio e, come tale, è da porre in relazione con Lui, in un'ottica di cooperazione tra Dio e l'uomo, perché è vero che trattandosi di dono ricevuto, abbiamo il diritto di usarla, ma è altrettanto vero che abbiamo anche il dovere di farne un buon uso, ordinandola sempre alla volontà di Dio.

Se così non fosse, questo dono verrebbe meno e non potremmo parlare di libertà vera, ma solo presunta. Ne è la riprova il modo in cui noi subiamo gli effetti della moda, che ci condiziona sul vestire, sul come dobbiamo parlare, su quel che dobbiamo vedere, su quali macchine usare... C'è chi progetta per noi, c'è chi sceglie per noi... Dove sta, allora, la nostra libertà? Questa è proprio l'immagine di noi cattolici, ha proseguito Giuliano, siamo paralizzati, muti, incapaci di opporci a qualunque imposizione, sino a diventare compartecipi del peccato di massa.

E' come se il Signore ci chiamasse a collaborare con Lui, e noi ci tirassimo in dietro, rifiutandoGli la nostra collaborazione, tradendo così la Sua chiamata e le Sue aspettative.

Oggi ci sono tante persone che Lo tradiscono, e questo avviene nei gruppi, nelle Comunità, e persino tra i Religiosi che, talvolta, abbandonano la vita consacrata.

Dobbiamo ricordare che è grazie al Sangue di Cristo che abbiamo la possibilità di fare una scelta, è grazie a Cristo che si è immolato per salvarci, che dobbiamo opporci al peccato che è nel mondo, non come persone passive, ma come coeredi, perché abbiamo una eredità che ci spetta di diritto. La nostra salvezza passa solo per Cristo. Dobbiamo fermare il male del mondo, dobbiamo opporci e non subirlo, perché siamo figli di Dio, siamo figli di Re, e se siamo figli di Re, nessuno può toglierci la libertà, nessuno può renderci schiavi, perché siamo principi.

Dobbiamo vigilare, ha poi proseguito Giuliano, sull'azione del maligno, il quale è ben consapevole del dono della libertà che abbiamo ricevuto e che cerca, in ogni modo, di strapparci, entrando nella nostra volontà con metodi sottili ed astuti; questi cercano di toglierci la dignità di figli di Dio, creando in noi dipendenza e sottomissione al mondo.

Giuliano ha così invitato l'assemblea a chiedere al Signore che ci aiuti e ci illumini per fare questa scelta: dobbiamo interrogarci, per capire da che parte intendiamo stare, se vogliamo porre le nostre radici nel mondo, oppure se vogliamo porle nei cieli, dove invece abbiamo un tesoro inestimabile.

La Cristo-terapia, di cui ci ha parlato Giuliano nel suo intervento, è la via preferenziale dove trovano rimedio tutte le nostre necessità legate alla umana condizione di figli di Dio, via attraverso la quale anche la nostra libertà può trovare e trova rigenerazione, senza ambiguità e compromessi.

Terminata la riflessione, è stato dedicato un lungo spazio alla preghiera, proprio perché le parole offerte da Padre Carlo e Giuliano potessero calare nei cuori feriti e produrre frutti di guarigione e di libertà.

Padre Giovanni Usai ha sviluppato il tema tratto dalla Lettera ai Romani 8,14-15: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo Abbà Padre! Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio...»

Ha esordito affermando che S. Paolo illustra la vita dell'uomo che aderisce a Cristo, dove si realizza una contrapposizione tra la legge della carne e la legge dello Spirito.

Se il principio che guida la nostra vita è quello dello Spirito, non dobbiamo lasciarci dominare dalla carne.

Lo Spirito ci guida, ci rende figli, ed in questa relazione subentra anche l'eredità, se saremo stati capaci di rivolgerci al Padre con l'invocazione Abbà.

Un Abbà, ha proseguito ancora, che non è un semplice urlo con il quale possiamo rivolgerci al Padre, spinti magari dalla necessità; Abbà è soprattutto una preghiera, dove si trovano unite tutte le forze e le energie dell'uomo, così come la traduzione aramaica ci riporta, urlo che deve diventare anche nostro.

Noi viviamo nello Spirito in quanto lo stesso Spirito è nostra guida: ciò non significa che l'uomo viene condotto passivamente dallo Spirito, ma che dallo stesso Spirito deriva il nostro diventare figli di Dio e questo camminare alla luce dello Spirito ci rende liberi e quindi eredi.

Questo nostro cammino verso la libertà, ha proseguito P. Giovanni, lo possiamo porre in relazione con quanto narrato nel libro dell'Esodo, dove si legge del popolo Ebreo che passa dalla schiavitù alla libertà, ottenendo così l'elezione a popolo.

E' proprio quello che è avvenuto per ciascuno di noi: anche noi siamo usciti dalla schiavitù dell'Egitto, rappresentata dal peccato, ed abbiamo ottenuto la libertà grazie anche alla nostra fede.

Se noi viviamo nello Spirito, Egli stesso è la nostra guida e, attraverso questo camminare in Lui, siamo liberi e quindi eredi.

Lo Spirito Santo è il Paraclito, il Consolatore! Anche quando attraversiamo il deserto, Cristo manda il Suo Spirito che ci dà la forza necessaria per superare le difficoltà e le sofferenze. La speranza cristiana non si identifica con ciò che si vede, ma con tutto ciò che, pur non essendo visto, si crede. La speranza è sorella della fede e della carità. Padre Giovanni ha poi esortato alla lettura della Bibbia che è Parola di Dio e nutrimento per la nostra vita spirituale, nella quale dobbiamo fondare il nostro modo di vivere, insieme alla fedeltà e alla perseveranza.

All'intervento di P. Giovanni ha fatto seguito un momento di intensa adorazione Eucaristica, nella quale abbiamo potuto rivivere il mistero della presenza di Gesù, mai uguale, sempre nuovo e sempre intenso.

Sono stati momenti in cui la nostra umanità si è immersa nell'Agàpe, in una presenza che si è fatta amore offerto, in una presenza che era dono di Se per ciascuno di noi.

Dono reciproco, perché anche ognuno di noi, nel proprio intimo, ha voluto rinnovare l'offerta della propria vita a Colui che ha sacrificato se stesso per la nostra salvezza, per la nostra libertà di figli Suoi.

Ringraziamo di cuore il Signore per il dono della Sua presenza, nella quale la cognizione del tempo sembra svanire, dove abbiamo la sensazione di vivere slegati e non curanti del tempo che passa, in totale libertà, dove non si avverte altro bisogno che quello della Sua presenza, dalla quale non ci si vorrebbe separare mai.

In questo clima di intima unione con il Signore e di profondo raccoglimento, si è celebrato il Sacrificio Eucaristico, conclusione sublime della giornata vissuta all'insegna della Parola liberatrice del Signore.

Ha officiato la Santa Messa P. Carlo Colonna e, a conclusione del Convegno, abbiamo fatto nostra la preghiera conclusiva del celebrante, perché il Signore faccia dono a ciascuno della carità perfetta, carità che, come abbiamo sentito nel corso di questa giornata, è sinonimo di libertà, libertà dal peccato, libertà dagli idoli che il mondo ci vorrebbe imporre, libertà dai desideri della carne.

Sorge spontaneo in noi il desiderio di ringraziare il nostro Signore per quanto oggi ha voluto operare.

Grazie Signore, perché ci hai fatto riflettere e prendere coscienza di questo dono grande che il Creatore ha riservato a ciascuno, dono che ci consente, grazie al sacrificio di Cristo, di ottenere la salvezza. Dono che è nostro punto di forza ed allo stesso tempo di debolezza, dono che giustifica il premio o la pena eterna.

L'Incontro di Preghiera Settimanale