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Nozione teologica di «carisma»

Movimento Ecclesiale Carmelitano

Andrej Rublëv, San Paolo Apostolo, XV secolo

Il termine «carisma»

Il termine «carisma» si rifà al greco «charis» (grazia, dono). Per «grazia» s'intende anzitutto l'amore gratuito offerto da Dio, in Cristo, all'umanità; amore che raggiunge e santifica personalmente le singole creature che si aprono per riceverlo.

In questo senso la parola grazia è sempre un termine al singolare, perché Dio si dona sempre totalmente in ogni grazia. Carisma (dono) è invece quella particolare «grazia» offerta gratuitamente al singolo fedele allo scopo di renderlo adatto a contribuire - ognuno a suo modo - alla ricca e ordinata crescita del Corpo di Cristo che è la Chiesa (1Corinti 14,12).

Non bisogna però mai dimenticare che, all'origine di tutti i doni, sta sempre Colui che è personalmente Dono, cioè lo Spirito Santo; ed è da Lui che vengono distribuiti tutti i carismi: «Vi è diversità di carismi - dice San Paolo - ma uno solo è lo Spirito» (1Corinti 12,4). Poiché dunque i carismi hanno sempre di mira l'edificazione della Chiesa e, poiché la Chiesa vive e cresce immersa nella carità, ne segue che la carità stessa è il primo carisma al quale tutti gli altri sono assoggettati (1Corinti 13). L'edificazione della comunità nella carità è perciò criterio di discernimento dell'autenticità dei carismi.

Dal recente magistero della Chiesa.

La Chiesa ha una «struttura comunionale» che, a sua volta, è costituita da strutture gerarchiche e da strutture carismatiche, ambedue volute, sorrette e guidate dallo Spirito Santo. Le «strutture gerarchiche» sono quelle radicate nella grazia sacramentale, che garantiscono la stabilità e la permanenza oggettiva del corpo ecclesiale. Le «strutture carismatiche» sono invece quelle derivanti da libere effusioni dello Spirito Santo, e hanno come scopo di «animare» costantemente l'istituzione e di alimentarla (1). Ecco come si è espresso a più riprese il Concilio Ecumenico Vaticano II:

  • «Lo Spirito Santo dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio... Egli introduce la Chiesa a tutta intera la verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la edifica e la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici e la abbellisce dei suoi frutti» (Lumen Gentium, 4).
  • «Inoltre lo stesso Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il popolo di Dio e lo guida..., ma distribuendo a ciascuno i suoi doni, come piace a Lui (1Corinti 12,11) dispensa tra i fedeli di ogni ordine anche grazie speciali, con le quali li rende atti e pronti ad assumersi varie opere e uffici utili al rinnovamento e allo sviluppo della Chiesa... E questi carismi, straordinari o anche più semplici e comuni, siccome sono soprattutto adatti e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione» (Lumen Gentium, 12).
  • «A tutti i cristiani è imposto il nobile impegno di lavorare perché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra. Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo, che già santifica il popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari distribuendoli a ciascuno come vuole (1Corinti 12,11) affinché mettendo ciascuno il suo dono a servizio degli altri, secondo il fine per cui lo ha ricevuto, contribuiscano anch'essi... all'edificazione di tutto il corpo nella carità. Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo, con la libertà dello Spirito il quale spira dove vuole, e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri pastori. Essi hanno il compito di giudicare della genuinità (dei carismi) e del loro uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito, ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono» (Apostolicam Actuositatem 3,3-4).

L'aspetto carismatico della Chiesa

Emerge già in maniera possente e caratteristica nel fenomeno della «vita consacrata» che è per sua natura un fatto carismatico ineliminabile dalla vita ecclesiale. Emerge poi particolarmente nella varietà di forme in cui la vita consacrata si è espressa e si continua ad esprimersi (a partire da diversi carismi originari (2) o di fondazione). Ed emerge in maniera significativa nel fenomeno antico e nuovo dei «Movimenti» che Giovanni Paolo II ha descritto appunto come «anima alimentatrice dentro l'istituzione» (3).

  • «Il carisma della vita religiosa... è il frutto dello Spirito Santo che sempre agisce nella Chiesa» (Evangelica Testificatio, 11).
  • «Il carisma dei Fondatori si rivela come una esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli, per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in perenne crescita» (Mutuæ relationes, 11).
  • (Un genuino carisma di fondazione presuppone...) «un profondo ardore dell'animo di configurarsi a Cristo per testimoniare qualche aspetto del suo mistero» e «un amore costruttivo verso la Chiesa che assolutamente rifugge dal provocare in essa qualsiasi discordia» (Mutuæ relationes, 51) (4).

Il problema «nuovo» della condivisione di un carisma di vita consacrata con i laici.

  • «La vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo per la sua missione, giacché esprime l'intima natura della vocazione cristiana e la tensione di tutta la Chiesa verso l'unione con l'unico Sposo» (Vita Consecrata, 3).
  • «Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a partecipare in modo più intenso alla spiritualità e alla missione dell'Istituto medesimo. Si può dire che, sulla scia di esperienze storiche come quella dei diversi ordini secolari o terz'Ordini, è iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle relazioni tra persone consacrate e il laicato» (Vita Consecrata, 54).
  • «Questi nuovi percorsi di comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati per diversi motivi. Potrà infatti derivarne, innanzi tutto, un'irradiazione di operosa spiritualità al di là delle frontiere dell'istituto, che conterà su nuove energie, anche per assicurare alla Chiesa la continuità di certe forme tipiche di servizio. Un'altra conseguenza potrà poi essere l'agevolazione di una più intensa sinergia tra persone consacrate e laici in ordine alla missione: mossi dagli esempi di santità delle persone consacrate, i laici saranno introdotti alla esperienza diretta dello spirito dei consigli evangelici e saranno incoraggiati a vivere e a testimoniare lo spirito delle Beatitudini in vista della trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio» (Vita Consecrata, 55).
  • «La partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone una interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici» (Vita Consecrata, 55).
  • «In qualunque attività o ministero siano impegnate, le persone consacrate ricorderanno di dover essere innanzitutto guide esperte di vita spirituale e coltiveranno in questa prospettiva il talento più prezioso: lo spirito. A loro volta i laici offrano alle famiglie religiose il prezioso contributo della loro secolarità e del loro specifico sevizio» (Vita Consecrata, 55).

Come e perché accade l'accostamento dei laici agli antichi carismi

E' interessante per noi rileggere la pagina con cui un moderno «Maestro di spiritualità» (Card. Anastasio Ballestrero) aveva illustrato - da Superiore Generale dell'Ordine - i motivi che spingevano opportunamente laici ad accostarsi agli antichi carismi di vita consacrata (5), fondandosi proprio sul principio che i carismi della vita religiosa sono dati ai religiosi in funzione del popolo di Dio, per il bene di tutta la Chiesa. Le Famiglie religiose sono perciò obbligate ad essere disponibili, a mettere a vantaggio del popolo di Dio il loro tesoro spirituale, la loro ricchezza interiore e il loro messaggio».

Ecco il testo (6): «Esistono - ed è un fatto di Grazia che è difficile spiegare, ma che constatiamo - delle sintonie spirituali, per cui le anime trovano una patria spirituale, dove il loro cristianesimo e la loro vita spirituale perdono una certa genericità e un certo anonimato e si configura in preferenze interiori e in scelte intime che debbono essere chiamate propriamente fenomeni vocazionali. E' innegabile - lo constatiamo - che i membri del popolo di Dio, specialmente i più impegnati, i più coerenti, i più seri, cercano non un rifugio, ma una patria dello spirito. E come la cercano? Istintivamente si rivolgono ai santi, perché non sono degli anonimi, ma delle creature personalizzate fino in fondo, realizzate in pieno attraverso la santità. E questo fatto manifesta l'esistenza di vocazioni spirituali particolari che, per istinto si rivolgono a quei Santi che sono ricchi di Dottrina e che, per la loro storia e i loro carismi spirituali, sono padri di anime e patriarchi dello spirito. E di solito questi santi sono coloro che danno carisma, danno spirito alle famiglie religiose. Attraverso la mediazione dei santi sorgono quindi delle parentele spirituali, cioè queste vocazioni che fanno gravitare attorno alle famiglie religiose alcune anime le quali in tali famiglie - intese non tanto come realtà strutturate, quanto come realtà spirituale - trovano ispirazione, nutrimento e guida. Che questo fatto spirituale abbia poi una espansione e una concretizzazione ulteriore in una forma sia pure blandamente organizzata, sembra nella natura delle cose. Infatti possiamo osservare - e oggi l'osservazione è particolarmente attuale - che là dove ci sono anime fervide e spiriti che non dormono, si verifica spontaneamente i fenomeno del movimento di gruppo. Che cosa significa questo? Significa che una certa coerenza e una certa istintività, che sono iscritte nella natura dell'uomo, quando convergono con gli ideali reali, portano a delle manifestazioni di gruppo, di solidarietà, attraverso le quali alcune creature si incontrano, si sintonizzano, si trovano fuse in una certa comunione. Ora io dico: sarebbe paradossale che, in un momento in cui, nella Chiesa, il fenomeno del gruppo - come metodologia e come realizzazione storica di un ideale comune - è tanto diffuso, si togliesse significato a un movimento di gruppo che ha radici spirituali» (p. 12 - 13).

Note al testo
  1. Citiamo da Strumenti di lavoro n. 3: «Sappiamo che la Chiesa è una istituzione (parola bella che significa che Essa è stabilita in maniera sicura e garantita dai doni oggettivi di Cristo, doni che nessuno può mai distruggere: la Sua parola scritta, i Suoi sacramenti, il ministero gerarchico), ma sappiamo anche che lo Spirito alimenta questa istituzione, la mette in Movimento distribuendo a tutti i fedeli (nella misura e nella maniera che a Lui piace) i suoi liberi doni (carismi). Movimenti, in senso proprio e caratteristico, si chiamano allora quelle libere aggregazioni di cristiani - soprattutto di laici - che si riconoscono attorno a un determinato carisma, dal quale traggono alimento e dinamismo per vivere nella Istituzione ecclesiale. Nella Chiesa pertanto gli aspetti istituzionali (e la organizzazione istituzionale, di cui fa parte ad esempio la parrocchia) non dovrebbero essere mai in conflitto con la vita dei Movimenti (e viceversa). Se qualche conflitto accade è perché certi rappresentanti dell'Istituzione o certi rappresentanti dei Movimenti vivono momenti di fatica, di incomprensione o di peccato. La Gerarchia ha sempre il diritto di correggere i Movimenti quando teme che vengano intaccati, in qualsiasi modo, i doni fondamentali di Cristo».
  2. Originari perché in essi si realizza una nuova forma di sequela di Cristo.
  3. «Un autentico Movimento esiste come anima alimentatrice dentro l'istituzione. Non è alternativa ad essa. E' invece sorgente di una presenza che costantemente ne rigenera l'autenticità esistenziale e storica» (Giovanni Paolo II, 12-IX-1985).
  4. Citiamo da Strumenti di lavoro n. 3: «Anzitutto dobbiamo comprendere come nasca propriamente nella Chiesa un carisma destinato a dare origine a un lungo e articolato flusso di storia sacra che coinvolgerà nei secoli schiere di cristiani: si parla in tal caso di carisma di fondazione con cui lo Spirito Santo spinge certi Fondatori e i loro discepoli a rispondere con la dottrina, le opere e caratteristiche realizzazioni di santità alle particolari necessità della Chiesa nel loro tempo. Col passare dei decenni e dei secoli, lo stesso carisma riceverà sempre nuovi apporti, man mano che i successivi discepoli da un lato si confronteranno seriamente con l'esperienza originale (= fedeltà al carisma delle origini) e dall'altro lato si lasceranno interpellare dalle nuove urgenze della Chiesa del loro tempo (= fedeltà dinamica). Oggi, in alcuni nuovi Movimenti, si fa l'errore di considerare come carisma certe caratteristiche personali del Fondatore: il suo stile di comunicazione, la sua saggezza pedagogica, il suo impeto espressivo, le sue sottolineature didattiche, le sue insistenze su certi temi teologici o su certi itinerari metodologici. Tanto che non pochi aderenti si credono perfino obbligati a imitare modi di agire, atteggiamenti e metodi del Fondatore, e a ripetere ossessivamente le sue stesse frasi e a imparare a memoria i suoi insegnamenti, persuasi che in ciò consista la fedeltà al proprio carisma. Al contrario (ma con uguale errore) oggi in certi Ordini o Istituti religiosi - i quali nacquero anch'essi un tempo come movimenti! - ci si limita spesso a considerare il proprio carisma come un vago e generico patrimonio ideale, che giace sullo sfondo, a cui ci si riferisce in linea di principio, preoccupati poi subito di lasciarsi afferrare dai problemi più urgenti dell'oggi. Il Magistero della Chiesa invece, e la riflessione teologica, hanno già più volte precisato che cosa bisogna intendere con questo nome, e a quali condizioni tale carisma sia e resti un dono per la Chiesa.
    Anzitutto un carisma originario (così si preferisce oggi chiamarlo) è un avvenimento la cui regia appartiene allo Spirito Santo (le qualità del Fondatore sono dei mezzi di cui lo Spirito si può o no servire, ma non sono il carisma!). Questo avvenimento spirituale si sviluppa con questi passaggi (e ricordiamo qui che solo alla Chiesa gerarchica spetta vagliare e confermare la autenticità di tale sviluppo):
    • lo Spirito Santo getta, per così dire, una particolare luce sul Mistero di Cristo: da essa viene illuminato tutto il Mistero (dato che esso non può mai essere frammentato) ma secondo una particolare prospettiva, da un angolo di visuale che proietta sulla totalità del Vangelo una nuova luce (secondo quanto Gesù ha promesso quando disse: lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà);
    • lo Spirito Santo, con lo stesso unico getto di luce, brucia il cuore del carismatico che si innamora del Signore Gesù e del suo mistero, amorosamente e indimenticabilmente contemplato in quella speciale prospettiva che gli è stata offerta;
    • lo Spirito Santo, con questa stessa duplice e indivisibile luce, fa emergere una specifica drammaticità della situazione ecclesiale, alle cui necessità il carismatico sente di dover dare risposta, con opere molteplici corrispondenti alla illuminazione avuta;
    • lo Spirito Santo mobilita tutte le energie naturali e soprannaturali del carismatico perché possa fedelmente adempiere il compito che gli è affidato, e diffonde la sua luce anche su coloro che costui raduna attorno a sé come discepoli, non solo nel primi tempi della sua missione, ma anche nel corso della storia durante cui quel carisma si prolungherà e si consoliderà;
    • lo Spirito Santo, nei successivi momenti della storia, farà sì che la stessa luce originaria si proietti anche su necessità nuove e inedite della Chiesa e del mondo: in tal modo la fedeltà allo stesso e identico carisma, si coniugherà con forme nuove di servizio ecclesiale e missionario.
    Da questa articolata descrizione dell'avvenimento del carisma consegue che nessuno può mai appellarsi ad esso (né per proclamare fedeltà al carisma stesso, né per trarne nuovi dinamismi, né per parteciparlo ad altri) se non in quanto l'avvenimento originale in qualche maniera si ripete e si rinnova. E chi è responsabile di un carisma deve garantire, per sé e per gli altri - quanti ne chiamerà il Signore - , la partecipazione viva a tale avvenimento originale, anche a distanza di anni o di secoli dal suo primo prodursi. Come documento destinato a fissare la natura di tali carismi nasce di solito la Regola voluta dal Fondatore come concretizzazione della sua esperienza spirituale e del suo progetto ecclesiale. Inoltre la stessa eredità viene spesso ricordata e trasmessa in simboli e immagini: quella particolare luce gettata dallo Spirito sul mistero di Cristo, e il conseguente ardore del cuore del Fondatore carismatico, vengono tramandati anche per mezzo di certi testi evangelici più insistentemente richiamati, di certe devozioni più particolarmente celebrate. L'esperienza archetipica, a cui l'intero gruppo si rifà, può allora essere quasi raffigurata in una specie di icona, che il Fondatore e i suoi discepoli spiritualmente sempre contemplano e a cui sempre si ispirano».
  5. Il testo (Partecipi dello stesso carisma) pubblicato a Firenze nel 1980, ma risalente ad alcuni decenni fa, era indirizzato ai membri del Terz'Ordine dei Carmelitani Scalzi.
  6. E' importante premettere ad esso alcune osservazioni: il linguaggio è ancora quello dei primi anni '70, ma anticipa chiaramente una problematica seria che merita di essere oggi approfondita. La nascita dei nuovi Movimenti ecclesiali ha posto infatti il problema dei rispettivi carismi originari, legati alla persona del Fondatore che esercita una vera e propria relazione di paternità o di maternità nella fede e fa questo indicando un cammino pedagogico che rende persuasiva la fede, più attraente e consapevole la sequela di Cristo, mentre al contempo permette ai seguaci di esperimentare la communio ecclesiale come realtà familiare, compagni di amici. Il tutto finalizzato a rendere più incisiva e operativa la partecipazione dei membri del Movimento alla «Missione» della Chiesa. Tutto ciò è teologicamente corretto. Ma diventa parziale, là dove ci si dimentica che - in una autentica visione ecclesiale - i Santi non sono mai personaggi del passato, ma membra sempre vive e operanti. Perciò tutto ciò che si può dire dei moderni Fondatori e dei loro Movimenti, può essere detto in maniera ugualmente (e ancor più) intensa di tutti quei Santi che nella Chiesa sono stati e possono continuare ad essere punti di riferimento per un Movimento di innumerevoli fedeli. La condizione indispensabile è evidentemente quella di un riferimento vivo nel rapporto tra i fedeli e i Santi, quando si accostano ad essi per cercare una propria patria spirituale.

Scuola del Carisma, Trento, 31 luglio - 5 agosto 1998

San Paolo Apostolo
Andrej Rublëv, (Russia, 1365 - 1430)
Galleria Tret’jakov di Mosca (Russia)

I fondatori dell'Ordine Carmelitano

Madonna del Carmelo
Profeta Elia

I riformatori dell'Ordine Carmelitano

San Giovanni della Croce
Santa Teresa d'Avila